Figlio di un meccanico e di una casalinga, frequenta le scuole elementari, il ginnasio e, successivamente, corsi artigianali serali. Terminato il servizio di leva, viene assunto presso una banca dove lavora per circa un triennio. Sopraggiunta la disoccupazione, per la chiusura dell’istituto di credito dove era impiegato, si reca più volte a Firenze. Nel capoluogo toscano divide il suo tempo tra musei e letture. Dal 1932 inizia a dipingere e, l’anno seguente, espone in alcune collettive. Nel 1935, ancora a Firenze, entra in contatto con Ottone Rosai. Una serie di viaggi a Parigi lo mettono di fronte alle ultime tendenze dell’arte, ma alle esperienze moderne Zancanaro continua a preferire lo studio del mondo greco e rinascimentale. A partire dal 1937 l’artista prende contatto con alcuni esponenti dell’antifascismo universitario triestino, tra cui Eugenio Curiel, già direttore de «Il bo». In questi anni Zancanaro esegue il suo primo Gibbo, caricatura surreale di Mussolini.
Successivamente dà il suo contributo per l’educazione dei ragazzi ebrei discriminati dalle leggi razziali del 1938.
Nel 1942 si iscrive al Partito Comunista. Ricoverato in ospedale con una diagnosi letale (1942-1943), vi trascorre alcune settimane ricavando dai contorni delle ombre che vede sulle pareti suggerimenti per sviluppare il tema del Gibbo.
A partire dagli anni Cinquanta, stimolato dall’amicizia con Renato Guttuso, Mino Maccari e Carlo Levi, si dedica alla pittura realista. Successivamente stringe contatti con l’ambiente milanese, dove già conosceva Ernesto Treccani, e con quello siciliano di Leonardo Sciascia e dell’editore Sellerio. Nel 1970 diviene titolare della cattedra d’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e, nel successivo 1977, lavora con la Cooperativa del Mosaico.