di Paolo Bonacini, giornalista
L’ultimo magistrato del CSM che prende la parola a Palazzo dei Marescialli a Roma, nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 febbraio (una data da ricordare) è Michele Ciambellini. Un intervento breve, per dire che anche lui voterà a favore, come gli altri 23 membri del Consiglio Superiore della Magistratura presenti, sulla proposta di trasferimento da Reggio Emilia, per incompatibilità ambientale, del Procuratore Marco Mescolini. Voterà a favore ma…
Dietro quel ma, nelle poche frasi che seguono la congiunzione, sta concentrata la sensazione di qualche zona d’ombra che attenua la luce diffusa del voto alla unanimità. Mescolini, dice, è il Pubblico Ministero di “uno dei processi più importanti alla criminalità organizzata del nord che, come sappiamo, proprio per questo CSM, costituisce uno dei titoli prioritari per diventare Procuratore della Repubblica in ben altri lidi anche di maggior complessità e grandezza”.
Ciambellini si riferisce ad Aemilia e prosegue: “La sua nomina a Reggio Emilia (di Mescolini) non nasce malata”, come sostenuto in altri interventi, ma “dà atto di un curriculum che in quel momento in quell’ambito territoriale secondo me era certamente di altissimo livello”.
Ancora: “Mescolini ha dato la propria disponibilità per svolgere il ruolo di magistrato distrettuale requirente e l’ha svolto bene, con onore e capacità in tutta la regione. Per cui non vorrei che la delibera odierna andasse a rovinare anche questo”. Poi Ciambellini si spinge oltre, per segnalare i limiti della norma che può produrre il trasferimento per incompatibilità ambientale (art.2, legge 511 del 1946), soprattutto quando esso è determinato “dallo scontento di alcuni sostituti procuratori e anche dalla capacità di organizzare questo scontento”.
Di certo, aggiunge il consigliere togato, “non arriverei al plauso per i colleghi che denunciano” in quanto ciò, la denuncia, “deve essere un punto di partenza neutro per gli accertamenti” che spettano poi al CSM. Era stato il relatore Nino Di Matteo a definire le autrici reggiane dell’esposto “colleghe che hanno dimostrato un coraggio non scontato”. Conclude Ciambellini: “Non facciamoci tirare per la giacchetta perché il rischio è grosso”. Il rischio di “inevitabili strumentalizzazioni”.
Un’altra ombra sul Plenum, più sfumata ma certamente non meno significativa, l’aveva prodotta il passaggio del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, membro di diritto del CSM, Giovanni Salvi. A sua volta favorevole al trasferimento di Mescolini, ma esprimendo dubbi sulla parte della motivazione che collega le funzioni e le azioni del Procuratore alle polemiche di stampa e alle “indicazioni di appartenenza ad uno o all’altro schieramento”. Politico, si intende. Tanto più tenendo conto, aggiunge il Procuratore generale, “che il dottor Mescolini è persone che ha molti meriti, che ha fatto indagini di grande rilievo e che tra l’altro ha gestito un’indagine certamente non favorevole alla parte politica che oggi gli viene indicata come parte di riferimento, con effetti molto significativi sulla situazione emiliana”. Si tratta evidentemente all’inchiesta Angeli e Demoni che ha portato all’arresto del sindaco PD di Bibbiano Andrea Carletti.
La preoccupazione di queste due sottolineature pare insomma riferirsi alle motivazioni che introducono elementi non pertinenti o non necessari al provvedimento amministrativo di trasferimento. Dettati forse, ipotizza il Procuratore Salvi, “Dall’ansia di… come posso dire, di rendere più forte la motivazione, magari perché si teme il giudizio amministrativo che seguirà”.
Il giudizio amministrativo è quello del Tar, al quale Mescolini farà con ogni probabilità ricorso, come anticipato a Telereggio il giorno dopo la riunione del Plenum.
Lo hanno intervistato tre giornalisti della emittente, Gabriele Franzini, Michele Augella e Margherita Grassi, che hanno toccato tutti i passaggi della storia, dalle chat con Palamara del 2018 in poi. Con molta calma, rigore, e qualche efficace battuta ironica, Mescolini è riuscito a trasferire, per quanto si può fare in un programma televisivo, la sensazione di una vicenda kafkiana. Neologismo col quale si rappresenta una situazione paradossale e angosciante. O desolante, allucinante, assurda, dice il vocabolario Treccani.
Due esempi concreti per valutare se questi aggettivi sono fondati o no. A Mescolini la relazione della Prima Commissione del Plenum contesta di avere affisso un cartello alla porta del proprio ufficio con scritto “Vietato bussare”. Il Procuratore spiega che l’aveva messo solo su una delle tre porte, troppe, dalle quali tutti entravano. Sempre l’esposto, e il successivo pronunciamento della Commissione, contestano a Mescolini di essere stato poco presente in ufficio, in media due o tre ore al giorno. E il Procuratore replica: “Ho preso un appartamento in affitto a Reggio Emilia per essere sempre lì; mi muovo con la scorta e ci sono i fogli di ingresso e uscita firmati dagli agenti che documentano quando arrivo in Procura e quando esco: guardateli”.
A parte questi dettagli, a fare più male, dice Mescolini nel proprio intervento al Plenum e ribadisce a Telereggio, è la censura politica collegata al trasferimento fuori dalla regione Emilia Romagna. Un fatto che “credo non si sia mai verificato nella storia della Magistratura”, dice. Aggiungendo, a Palazzo dei Marescialli: “Se uno esce di qui con l’ignominia di essere additato come vicino ad una parte politica, connivente con una parte politica, disposto a piegare il proprio ufficio agli interessi di questa o di quella parte politica, cosa intollerabile per chiunque di noi, per quanto mi riguarda è la fine”.
A Telereggio su questo tema l’emotività viene sostituita dall’ironia: “Dovrò chiedere ai responsabili del PD se esiste una città in Italia dove non hanno iscritti e dove potrò quindi lavorare senza avvantaggiarli”. Ma l’ironia a volte si usa per tamponare la più amara delle ferite. Al CSM Marco Mescolini aveva usato altre parole per sottolineare quanto fosse profonda quella ferita: “Vi chiedo con tutto me stesso di risparmiarmi questa onta che non merito”. Non gliel’hanno risparmiata.
Intanto fuori dall’aula del Plenum la vita va avanti. Il politico che prima e più di chiunque altro, nei mesi assurdi che abbiamo alle spalle, attaccava un giorno sì e l’altro pure il sostituto Procuratore antimafia Marco Mescolini, colpevole a suo dire di averlo indagato ingiustamente in Aemilia, e trovava spazio quotidiano su quei giornali che poi hanno creato “il clima” dal quale ha preso avvio l’esposto, ieri è tornato d’attualità grazie a una notizia diffusa dall’agenzia Dire: “La Procura della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna presenta il conto ad alcuni imputati del processo Aemilia, tra cui un ex consigliere comunale di Parma uscito dal processo per prescrizione. È il caso più eclatante, quello del risarcimento da 100.000 euro per il pregiudizio d’immagine subito dal Comune di Parma, a causa di comportamenti di rilievo penale di corruzione elettorale di un suo consigliere comunale”. Bernini appunto, perché non ne risultano altri tra gli imputati di Aemilia.
Aggiunge l’agenzia: “Nella relazione del Procuratore della Corte dei Conti si legge che è stato acquisito il versamento di 50.000 euro al fine di ottenere l’interessamento dei partecipanti al sodalizio criminoso (attraverso Romolo Villirillo, capo cosca condannato in Aemilia) per il procacciamento di voti. Il danno contestato, conclude quindi il Procuratore Manfredi Selvaggi, è stato quantificato in 100.000 euro, pari al doppio dell’utilità patrimoniale di cui vi è riscontro nel processo penale”.
Il “Ma…” diventa un: “Però!!”
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