Verità per Giulio Regeni

LE PARTI CIVILI DI GRIMILDE

Sono 17 le Parti Civili ammesse dal Giudice dell’Udienza Preliminare dott. Sandro Pecorella al primo grado del processo Grimilde, dopo due sedute di intensa discussione nell’aula del Tribunale allestita alla Dozza di Bologna. Tre sono istituzioni dello stato: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dei Trasporti e ANBSC (l’agenzia per i beni confiscati alle mafie). Cinque sono gli Enti Locali (Regione Emilia Romagna, Comuni di Reggio Emilia, Brescello, Piacenza e Zola Predosa). Cinque anche lo organizzazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL regionali, più le Camere del Lavoro di Reggio Emilia e Piacenza). Infine l’associazione antimafia Libera e tre persone offese dall’azione della cosca.

di Paolo Bonacini, giornalista

Sono 17 le Parti Civili ammesse dal Giudice dell’Udienza Preliminare dott. Sandro Pecorella al primo grado del processo Grimilde, dopo due sedute di intensa discussione nell’aula del Tribunale allestita alla Dozza di Bologna. Tre sono istituzioni dello stato: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dei Trasporti e ANBSC (l’agenzia per i beni confiscati alle mafie). Cinque sono gli Enti Locali (Regione Emilia Romagna, Comuni di Reggio Emilia, Brescello, Piacenza e Zola Predosa). Cinque anche lo organizzazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL regionali, più le Camere del Lavoro di Reggio Emilia e Piacenza). Infine l’associazione antimafia Libera e tre persone offese dall’azione della cosca.

Il processo che muove i primi passi vede imputate 82 persone per una cinquantina di reati che vanno dall’associazione mafiosa alla corruzione, dalle minacce alla calunnia, con il sottofondo di una miriade di intestazioni fittizie di beni, società, carte di credito e conti correnti, secondo il collaudato sistema di infiltrazione nelle attività economiche che la ‘ndrangheta emiliana ci ha insegnato a conoscere con Aemilia. A tirare le fila dell’associazione a delinquere in particolare diversi membri delle famiglie Grande Aracri, Passafaro e Muto, insediate tra Brescello, Gualtieri e Viadana, con un imputato politico eccellente: l’ex presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso, arrestato assieme al fratello Albino nel giugno dello scorso anno. Proprio il Comune di Piacenza ha deciso solo ad udienza già avviata, nella seconda seduta del 18 maggio, di presentare la propria domanda di costituzione, ma il dott. Pecorella ha accettato la giustificazione del ritardo dovuta alle gravissime difficoltà che ha comportato per quel territorio l’epidemia da Covid 19 che a Piacenza ha colpito duro. Emergenza sanitaria, dice la sentenza, che ha influito sulle stesse modalità di svolgimento delle udienze. Nessun problema per gli altri Comuni che sono ammessi in riferimenti ai delitti commessi nei loro territori, visto che, dice il giudice Pecorella, “la maggior parte delle vicende è avvenuta in Emilia Romagna, nei  comuni di Reggio Emilia, di Brescello e in parte minore in quello di Piacenza”. Altrettanto logica l’ammissione della Regione Emilia Romagna, “che è l’unica esponente presente nel processo” tanto per fare un esempio “che possa rivendicare tutela per quanto accaduto in quel di Ravenna”. Cosa è avvenuto a Ravenna è bene ricordarlo perché illustra quanto questo processo sia collegato ad Aemilia. Il titolare di un ristorante nella zona dello stabilimento balneare chiamato Marinabay, Ugo Apuzzo, venne minacciato per costringerlo a cedere la gestione del locale. La minaccia pronunciata dal capo cosca Alfonso Diletto era semplice: “Ti impicchiamo e diamo fuoco al locale”. Apuzzo però non cedette e andò a denunciare la tentata estorsione ai carabinieri. Per quel fatto nel processo Aemilia sono già stati condannati Alfonso Diletto e alcuni suoi uomini, il giornalista Marco Gibertini e l’imprenditore Giuliano Debbi. Per la stessa storia è a processo invece in Grimilde Giuseppe Lazzarini, che si trovava nel ristorante quando i carabinieri intervennero, e la cui appartenenza alla ‘ndrangheta, come uomo legato ai capi Diletto e Sarcone, è apparsa chiara dopo le deposizioni del collaboratore di giustizia Antonio Valerio.

Per quanto riguarda il sindacato il dott. Pecorella dice chiaramente che la loro costituzione di Parte civile “viene ammessa in modo ampio”, perché quelli prospettati in Grimilde sono in massima parte “reati potenzialmente in grado di affievolire la capacità di proselitismo, di mobilitazione e di azione dei sindacati”. Ma c’è di più, perché il dispositivo del GUP ammette i sindacati come Parti Civili non solo in riferimento a specifici reati e ne legittima l’interesse primario anche e soprattutto di fronte alle finalità del “delitto associativo”, cioè l’esistenza e l’azione di una associazione a delinquere di stampo mafioso nel territorio. Perché “acquisire la gestione e il controllo di attività economiche in settori come l’edilizia, il movimento terra, lo smaltimento rifiuti, la ristorazione, la gestione cave, i trasporti; e acquisire appalti pubblici e privati” significa “compromettere l’interesse primario del sindacato, consistente nella tutela del lavoratore”. Ciò vale anche per l’intestazione fittizia di attività imprenditoriali e nei casi di favoreggiamento personale. In generale è la “correttezza nei rapporti economici” tutelata dalla legge che rientra tra gli interessi primari del sindacato. Una motivazione importante, visto che l’utilizzo di prestanome per deviare le indagini e mascherare la reale proprietà mafiosa di tante imprese è uno dei reati ricorrenti nelle vicende processuali di questi anni. La pratica non si è certo fermata con le sentenze di Aemilia del 2018, ci dicono le più recenti operazioni di polizia, e dietro l’intestazione fittizia è inevitabile che si nascondano la negazione di qualsivoglia relazione sindacale e l’affossamento dei diritti del lavoro.

La discussione in aula nel corso delle due udienze davanti al GUP non è stata rituale o scontata. Il dispositivo del giudice Sandro Pecorella parla di numerose contestazioni degli avvocati difensori alle richiedenti Parti Civili, con conseguenti domanda di esclusione. Meno diplomaticamente trapela che dietro le porte chiuse dell’udienza preliminare qualche avvocato si sarebbe lanciato in giudizi piuttosto pesanti nei confronti dei paladini dell’antimafia. Anche in questo, se vero, Grimilde è figlia naturale di Aemilia.

Sempre alla Dozza intanto entra finalmente nel vivo l’appello del processo reggiano, con la trattazione dei primi casi. Giovedì 21 maggio si discutono le prime posizioni a partire da Francesco Formentini, Silvano Vecchi, Gaetano Valerio è il fratello del collaboratore di giustizia Antonio Valerio, che dal luogo protetto in cui si trova, col berretto sulla testa e leggermente ingrassato, chiede in videoconferenza di poter rilasciare dichiarazioni spontanee che il presidente del collegio Alberto Pederiali rinvia al pomeriggio. Non sarà un processo noioso.

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