Verità per Giulio Regeni

GIOVANARDI NON C’È, IL COMUNE DI MODENA NEPPURE

di Paolo Bonacini, giornalista

Carlo Amedeo Giovanardi, nato 70 anni fa a Modena e tutt’ora residente nella città della Ghirlandina, alle 9,20 del 15 dicembre 2020 non è presente presso la Corte d’Assise del Tribunale modenese dove inizia il processo a suo carico. L’accusa per l’ex senatore, in concorso con funzionari dello Stato e altri personaggi, è di “Minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato” e di rivelazione di segreti d’ufficio, con le aggravanti dell’abuso di potere, della continuità del reato e dell’ingiusto profitto (non c’è più invece, conseguenza delle innovazioni della giurisprudenza, l’aggravante del metodo mafioso). Le prime richieste di rinvio a giudizio erano state presentate dai sostituti procuratori antimafia Marco Mescolini e Beatrice Ronchi il 7 giugno 2018, a margine del processo Aemilia. Tutto era iniziato quando la DDA di Bologna aveva messo gli occhi sulle attività della ditta Bianchini Costruzioni srl di San Felice sul Panaro (MO). In particolare sui suoi legami con la ‘ndrangheta emiliana per la gestione dei cantieri edili nelle ricostruzioni post terremoto del 2012. Tra il 2013 e il 2015, secondo l’accusa, l’allora esponente del Nuovo Centro Destra Carlo Giovanardi cercò di aiutare le imprese della famiglia Bianchini (a processo sono Augusto, il figlio Alessandro e la moglie Bruna Braga) ad ottenere la reiscrizione alla White List della prefettura modenese. La cosa più importante è che lo fece, sempre secondo l’accusa, con pressioni indebite e minacce rivolte a rappresentanti della Prefettura modenese e a figure di comando dei Carabinieri, componenti del Gruppo Interforze che vigilava sulle penetrazioni malavitose nelle opere di ricostruzione.

Due anni e mezzo dopo quella richiesta di rinvio a giudizio si arriva dunque finalmente in aula e il Collegio giudicante, composto dal Presidente del Tribunale di Modena Pasquale Liccardo e dai giudici Antonella Pini Bentivoglio e Danilo De Padua, apre la seduta con l’appello degli imputati. Uno solo, Carlo Amedeo Giovanardi, perché la sua posizione è stata separata rispetto a quella degli altri 11 personaggi coinvolti nella medesima vicenda processuale (ne abbiamo più volte parlato). L’appello iniziale è dunque breve, soprattutto per chi era abituato ai 148 nomi del primo grado di Aemilia o ai 120 dell’appello. L’ex senatore non è presente, ma ci sono i suoi due legali Iovino e Tenace che scaldano immediatamente l’ambiente con una eccezione di incostituzionalità. Perché gli atti e le opinioni di un senatore, dicono,  sono insindacabili. Almeno lo sono, secondo la loro lettura, quelli oggetto dei capi di imputazione, che ritengono riconducibili al libero e tutelato esercizio delle funzioni parlamentari.

Per i sostituti procuratori Giuseppe Amara e Monica Bombana invece un conto è la libertà di opinione, un conto è arrivare a minacciare in un colloquio faccia a faccia (è solo uno dei casi a processo) il comandante dei carabinieri di Modena colonnello Stefano Savo che dirà agli inquirenti: “Il senatore ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni. Ho avuto la percezione che potesse riferirsi direttamente anche alla mia persona”. Anche un senatore, in sostanza, deve rispettare dei limiti nelle cose che può fare e dire, e secondo i Pubblici Ministeri questi limiti sono stati abbondantemente superati.

La Corte si è ritirata e ha deciso che sulla eccezione si pronuncerà nella prossima udienza, fissata per il 12 gennaio 2021. Prima di quella va aperto il processo, e per aprirlo è necessario decidere sulle Parti Civili, che anche su quella (la eccezione) avranno diritto di dire la loro. Domanda di costituzione l’ha presentata il Ministero dell’Interno, rappresentato dall’avvocato Mario Zito, dell’avvocatura dello Stato, che le storie di Aemilia le conosce bene avendo partecipato al processo di primo grado. Memorabile il suo intervento del 24 maggio 2018 quando, parlando allora dei mafiosi a processo, disse tra l’altro una frase che oggi è utile ricordare: “La legge dello Stato non è quella della vendetta personale, della ripicca e dell’intimidazione”.

Poi si sono costituite Libera, rappresentata dall’avvocato Enza Rando, e la CGIL in tre sue diverse articolazioni: il sindacato regionale dell’Emilia Romagna, la Camera del Lavoro di Modena e la Fillea, il sindacato che tutela i lavoratori dell’edilizia. Per loro in aula era l’avvocato Andra Gaddari. I legali di Giovanardi si sono opposti alla costituzione sia dell’organizzazione Libera che dei sindacati, ma la Corte li ha ammessi.

Più che i presenti, sul fronte delle Parti Civili, spiccano però gli assenti. Mancano completamente le amministrazioni locali. Non c’è la Regione Emilia Romagna, non c’è la Provincia di Modena, non c’è il Comune di Modena, dove i reati ipotizzati sono stati consumati. Pochi giorni fa in Consiglio Comunale a Modena la maggioranza di centro sinistra aveva votato un ordine del giorno che impegnava la Giunta a valutare la possibilità di costituirsi Parte Civile al processo, ritenendo la cosa importante. La Giunta, espressione della medesima maggioranza, ha valutato e non si è costituita.

Peccato.

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